IN UN VENTENNIO…
Ho trattenuto per ricordo gli sci con i quali ho partecipato all’esame di maestro venti anni fa. Ben riposti mi è capitato di restare un attimo a guardarli rendendomi conto che a pochi centimetri erano stipati, in attesa di montaggio i miei nuovi attrezzi appena arrivati. Subito sono venute alla mente considerazioni sulle differenze tra i due e i ricordi vissuti di evoluzione e cambi generazionali dei materiali. Nel tempo ho sempre fugato pregiudizi in materia ma ho sempre preferito provare prima di valutare passaggi epocali più o meno marcati senza farmi condizionare dalle mode del momento. Guardando queste due paia vicine mi sono reso conto però di aver spesso avuto (ed apprezzato) prodotti innovativi. Oltre questi oggetti datati e di ultima generazione mi trovo ancora ad avere due paia che
cronologicamente coprono gli ultimi venti anni di rivoluzione tecnica. Ho deciso, parlando di loro, di esporre una disamina un po’ romantica su quanto avvenuto nel fantastico mondo degli sci in questo lasso di tempo.
BLIZZARD V30 (1994)
Nel 1994 il Blizzard V30 è uno sci da slalom gigante, quindi uno sci al top di gamma. Parlando di geometrie il nostro conta 86mm di larghezza in spatola e 65mm in centro e rispetto ad altri ha una forma piuttosto innovativa (in precedenza avevo un Rossignol 9X largo in punta 83mm e sostituito proprio a ridosso del mio esame maestri a causa di una lesione strutturale). Lungo 205cm monta un attacco “rigorosamente” senza piastra. Il raggio di curva non è un parametro rilevante ma con una forma di questo tipo, di sicuro ben oltre i 30m. Pensate…in questo periodo chi sciava ad alto livello considerava solo lunghezze tra i 200 cme i 208 cm! La tecnica sciistica ferveva e si trovava in un delicato passaggio dove stava anticipando l’esplosione di un’attrezzatura totalmente diversa. Si parlava già di conduzione, che veniva comunemente chiamata “Supertecnica” e prevedeva una velocità di avanzamento tale, che nonostante l’esigua sciancratura si riusciva con molta sensibilità e forza a deformare le aste per ottenere una traiettoria curvilinea senza sbandamento. In una prova, prima di iniziare a fare curve, si stava in traiettoria rettilinea sulla massima pendenza per alcuni secondi in modo da far prendere
agli sci una velocità notevole, presupposto fondamentale per l’esecuzione dell’esercizio. Una cosa del genere, a Livata, significava farsi mezza Nordica “dritti per dritti” prima di mettere le lamine nella neve, iniziare la conduzione e rendersi conto che serviva una larghezza di pista almeno tripla! Il problema della stabilità era meno sentito: con queste assi dritte, lunghe oltre due metri, andare a 50-60kmh…neanche te ne accorgevi! Pensate: la tecnica voleva la conduzione ad ogni costo…anche senza avere la tecnologia dei materiali adeguata. In questo periodo uno sciatore italiano sta anche rompendo gli schemi tecnici nell’agonismo di vertice, incrementando l’entusiasmo verso un rinnovamento epocale. Ovviamente si tratta di Alberto Tomba.
In estate sui ghiacciai si iniziavano a vedere strani prototipi senza grafica e dalle forme per
quei periodi alquanto bizzarre. Il produttore di sci Head inizia a proporre la serie “Cyber” che affiancando i modelli classici da slalom e gigante punta ad occupare un segmento nuovo con sci a spatola larga. Arrivare a 89mm
di larghezza in punta era già sconvolgente!
ROSSIGNOL TOON9.9 (1997)
A ridosso dell’inverno 96/97, viene consegnato a sorpresa in negozio un pacco. Apro e…non avevo mai visto nulla di simile! Rossignol mi aveva mandato come test un rivoluzionario “Toon 9.9”, uno sci, che a questo punto veniva decisamente definito “carving” con la sua larghezza di 99mm di spatola. Non vedevo l’ora di provarlo. Gli altri erano ancora drittissimi, lunghissimi e presentarmi sulle piste con questo…oltretutto lungo solo 177cm (circa 30 in meno di quello con il quale ero abituato) gli fece subito guadagnare l’appellativo di “giocattolo” da parte degli altri sciatori. Quel nomignolo voleva essere una sorta di denigrazione in quanto ,come già detto, più lo sci era alto, più lo sciatore era bravo! Sprezzante delle critiche mi resi subito conto che quello sarebbe stato il futuro indelebile dello sci: divertente, maneggevole, soprattutto naturale, permetteva la percezione della forza centrifuga come niente altro prima, non trovavo lati negativi e la mia prima considerazione fu: “perchè gli sci non sono sempre stati così, dato che si usano facendo curve? “. Mi sembrava talmente logico quel concetto che paragonavo la situazione ad un auto che doveva curvare senza volante o ad una moto che non si poteva inclinare. Quelle che tutti chiamavano curve erano solo sterzate…grattate, prima di questa meraviglia. Insomma: promossi a pieni voti e convinto al 100% di una affermazione totale della categoria di lì a breve.
SALOMON STREETRACER 8 (2007)
Gli anni passano, i carving sono oramai ben consolidati e l’evoluzione inarrestabile, tra
soluzioni funzionali e puramente commerciali, porta alla luce le forme più stravaganti: da quelle che prevedevano le-code-più-larghe-delle-punte-per-avere-più-spinta-a-fine curva (!!!) a quelle estreme per sciare in “piega” da Motomondiale, senza bastoncini, e con la mano interna che tocca la neve in fase di curva. Le trovate degli sciatori impreparati che volevano comunque mettere mano a terra mentre scendevano mostravano spesso sciate inimmagginabili…a dir poco “agghiaccianti”. Delizia dei venditori di guanti! Il sottoscritto onde evitare questo problema si era organizzato con una manopola di bastoncino fissata parallelamente ad una porzione anteriore di sci opportunamente brutalizzato (ma possiamo dire anche “segato”) che in curva forniva appoggio, scivolava sulla neve e mi faceva tornare a casa con le mani asciutte! Nel 2007 finalmente la situazione si è un po’ stabilizzata nonostante una miriade di sciatori che riescono a divertirsi come matti sfruttando solo le sciancrature ma, ahimè, perdendo in tecnica e dinamismo. Tralasciando esperimenti che prevedevano chip o materiali piezoelettrici, inseriti nell’anima degli sci, a riduzione (presunta) delle vibrazioni, le mani per terra sono quasi sparite a favore del ritorno dei bastoncini. C’è una discreta varietà di forme sul mercato ed io resto vicino a quelle accentuate. Mio padre prende per se un Salomon Streetracer 8, modello di gamma intermedia caratterizzato da una notevole differenza di larghezza punta-centro (sciancratura) e dal conseguente raggio molto corto. Con una misura di appena 160cm, il buon Gianfranco sperava forse in una totale “servoassistenza” da parte del suo nuovo attrezzo, ma nonostante una sciata piuttosto moderna (piedi staccati e bacino in linea) non si trova bene (come per ogni altro paio posseduto d’altronde!). Diventa e lo è tuttora il mio attrezzo da lavoro. Ottimo per dimostrare e condurre anche a bassissime velocità, maneggevole come pochi e anche azzurro come le divise dei maestri! Sulle nostre piste resta versatile un po’ per tutto ma portato fuori Livata, trova subito profondi limiti dove piste con larghezze e pendenze stimolanti ti portano a schiacciare il piede sull’acceleratore: raggio troppo corto e perdita di stabilità ti negano quei bei curvoni sulla Monte Freddo o a fine Brecciara.
NORDICA NRGY90
Adesso guardo i miei nuovi sci e penso :”mamma mia che strani, speriamo bene”. Poi ricordo che la stessa cosa ho pensato lo scorso febbraio quando , prima di provare questi all-mountain durante il retailer test ad Ovindoli ero scettico come mai sono stato prima. Detrattore dei new-school:”va bè, freeride, freestyle, all mountain, rocker…tutti argomenti per vendere e catturare potenziali snowboardisti”, questo “coso” appare poco sciancrato (raggio 19,5m), troppo lungo per non essere un race-carve (177cm. n.b.come il mio primo Toon9.9), troppo largo dappertutto (centro 90mm), con una strana punta quasi appiattita sulla neve e anche troppo leggero per essere stabile. In una parola: brutto e senza speranza! Avevo già provato l’Head i-supershape Titan con buone impressioni quindi…figuriamoci! Le condizioni della neve, nonostante il periodo erano tragiche: ben oltre 10°C l’aria ed un pappone con annesse dune da fine aprile (e questo è il motivo per il quale decido di provare
questa tipologia di sci anche non credendo in essa). Per i meno filosofi dell’attrezzatura, “all-mountain” è una nuova famiglia di sci in via di affermazione che vuole coprire tutte, ma proprio tutte (tranne quelle agonistiche) le esigenze
dello sciatore. Vanno bene in pista e sono stabili perchè lunghi, ma si usano anche fuori, grazie a proporzioni maxi che favoriscono un buon galleggiamento.
Piatti per terra inoltre, hanno una buona porzione della parte anteriore e posteriore sollevata dalla neve…tipo una barca (si chiama “rocker” o “a banana” per i surfisti della neve e ce lo hanno un po’ tutti gli sci di ultima generazione, compresi sci tosti e pasanti da velocità come i “bestiali” Atomic D2 Redster): immaginate quindi che sul dritto toccano poco e man mano che si mettono di spigolo prendono sempre più lamina. Ne deriva un ingresso curva facilitato, una migliore manovrabilità in neve fresca o rovinata, una maneggevolezza superiore a basse velocità, un controllo “adattivo” durante ogni curva a qualsiasi velocità ed inoltre un’ottima stabilità ad alte velocità perchè sono mediamente più lunghi e di costruzione raffinata. Sono anche più leggeri e Vengono venduti anche “flat” allo scopo di accogliere attacchi e pelli da sci alpinismo. Tutto questo funzionerà??? Ebbene sì! Con mio super-stupore l’NRGY 90 girava come nel burro a 2 all’ora nelle dune di neve nonostante i 177cm e la mia scarsa attitudine ad andar piano con simili lunghezze; mi permetteva comunque di tirare anche su quella neve scassata, come un motoscafo, e su un tratto un po’ in ombra dove la neve era rimasta dura e compatta risultava equilibrato e progressivo in conduzione ad alta velocità. Non ho avuto modo di testarlo su ghiaccio ma immaginare un attrezzo che dalla mattina alle 08:30, al pomeriggio alle 16:00 si comporta sempre bene, ti da soddisfazione se vai piano o se vai forte, ti accompagna fuori pista e non ti stanca alla lunga perchè è leggero, mi fa pensare che questa volta per le aziende che credono in questa tipologia di sci…”missione compiuta”!
Scopro ora che questo modello ha ricevuto vari premi e riconoscimenti durante i test di
autorevoli riviste e web-zine del settore a conferma delle mie ottime impressioni.
…ma che differenza, vederlo vicino al Blizzard del 94!
Conclusioni:
– prima metà anni 90) gli sci sono ancora prevalentemente dritti ma la tendenza della sciata è
rivolta verso la conduzione.
– seconda metà anni 90) un’evoluzione esplosiva decreta la fine di un era: in pochissimi anni gli
sci diventano stretti al centro e larghi in punta e lo sci diventa più naturale e semplice.
Aumenta di popolarità, l’apprendimento risulta velocizzato (spesso anche troppo), riscontra il
gradimento delle donne che possono divertirsi senza essere allenate come atlete e fa sentire
tutti facilmente ottimi sciatori
– primo decennio del 2000) l’evoluzione della specie cerca di affinarsi tentando di esplorare
varie soluzioni ma senza snaturare quanto acquisito fino allora. Nell’agonismo, sulle geometrie
c’è un passo indietro dettato dalla necessità di aumentare i raggi di curva dei materiali a
salvaguardia della salute degli atleti che a velocità importanti subivano, spesso fatalmente,
carichi spropositati sulle articolazioni in fase di curva.
– secondo decennio del 2000) la tendenza è quella di allontanarsi da attrezzature troppo
impegnative. Sia sci che scarponi diventano più leggeri e spesso morbidi, adatti ad ogni
situazione o tipo di neve. L’ampliamento della materia al freeski comporta ulteriori adattamenti
prelevati anche dallo snowboard. La ricerca del compromesso e del divertimento mette in secondo
piano smanie di tecnicismo, allontanando giustamente il mondo delle gare da quello dello sci in
campo libero, nel quale, in questo periodo di crisi, vogliamo anche distrarci un attimo senza
troppi problemi!